L’importanza della storia: Fabio Mauri

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L’importanza della Storia

Fabio Mauri

La prima grande intuizione di Fabio Mauri risale al 1957, quando realizza il primo Schermo. Si tratta di un’opera su carta, una superficie bianca con un contorno nero che fa da cornice.
Seguiranno di lì a poco le Una tasca di Cinema (1958), tele bianche aggettanti, che rimandano appunto allo schermo.
Fabio Mauri affronta così la questione dei media, mettendo al centro lo schermo come oggetto in sé e di per sé significante, ancora prima che questo ricevesse qualsiasi tipo di immagine e proiezione.
Anticipa così un argomento di indagine e di discussione fondamentale per molti pensatori e artisti della sua generazione e non solo.


Schermo – Disegno, 1957

Una tasca di cinema, 1958

Un ulteriore decisivo passo per la ricerca artistica di Mauri avviene nel 1964, in concomitanza con lo sbarco – e il trionfo – della Pop Art alla Biennale di Venezia. Rauschenberg si aggiudica il Leone d’oro e, se per molti artisti italiani sarà la conferma di aver imboccato la strada giusta, per Mauri rappresenterà un importante stop.

Capisce, infatti, con grande lucidità, che questo movimento così rappresentativo e peculiare alla società americana non corrisponde quasi per nulla alla natura della civiltà europea, che si trova, come dice lui stesso, alla periferia della società dei consumi. Dopo un periodo di riflessione, individua invece nell’Ideologia la questione centrale del pensiero europeo:

Volli ricercare le radici di me stesso nella storia che avevo vissuto. Cominciai a riflettere sull rimosso della coscienza europea e capii che molte cose che si ritenevano già giudicate erano invece serpeggianti e ancora attive e coincidevano con la mia giovinezza.
Volevo capire come la bellezza potesse coesistere con la Bugia.

 

Attorno alla consapevolezza che il male e il bene potessero mostrarsi con la stessa faccia e che parlassero la stessa lingua, ruota molto del lavoro che Mauri intraprende da quel momento. Non si affrancherà più da un forte senso di responsabilità sociale e dalla considerazione che l’arte, se vuole influire sulla coscienza di ognuno, debba andare oltre il semplice progetto estetico.

 

Ho pensato che avevo conosciuto una realtà storica forte, la guerra.
Avevo rimosso, come un grande incidente, tutto questo dolore, l’ho riaffrontato.  

 

Nascono così, negli anni ‘70, le prime performance Che cosa è il fascismo, Ebrea, Gran Serata Futurista 1909 – 1939.
Lo spettatore non solo assiste, ma partecipa all’azione, ne fa esperienza, e diventa complice: la storia individuale si fa collettiva e viceversa.

 

Che cosa è il fascismo,1971

 

 Ebrea,1971

 

Un altro importante capitolo della ricerca artistica di Mauri è rappresentato dalle Proiezioni: una su tutte, Intellettuale del 1975, che consisteva nella proiezione della pellicola “Il Vangelo di Matteo” sul torace di Pierpaolo Pasolini, regista del film. Il corpo dell’autore esperisce gli effetti della sua opera e si consuma un importante momento di confronto e verità.

 

Intellettuale, 1975

 

Concludiamo con un cenno autobiografico: abbiamo avuto il privilegio di ospitare in Galleria l’ultima mostra dell’artista nel 2009. Il titolo, Fabio Mauri, Etc., che corrisponde anche alla sua ultima opera, era già di per sé uno statement in cui Mauri, molto malato e prossimo alla morte (ci lascerà due settimane prima dell’inaugurazione). sostituisce un Etc. all’abituale The end. Questa locuzione, introdotta per la prima e unica volta, ha condizionato fortemente l’approccio alla mostra e il modo di percepire la sua allora recente scomparsa. La melodia triste di una solitaria tromba accompagnava il percorso del visitatore tra le opere in mostra e gli Zerbini, a terra, ci offrivano, attraverso le frasi su di essi incise, spunti di riflessione sul nostro stare al mondo.

Qualche visitatore si è commosso, nessuno se n’è andato indifferente.

A noi resta la consapevolezza che, malgrado il frastuono di una Biennale che si stava nel frattempo svolgendo in città, il profondo e intimo messaggio inciso da Mauri per un’ultima preziosa volta non è passato inosservato nè invano.

 


Etc (2009). Incisione su cemento
fotografia di Claudio Martinez