HAMISH FULTON

Londra, 1946



20 aprile - 2 luglio 2022 Opening: 20 aprile, ore 17.00 - 22.00 La Galleria Michela Rizzo, in concomitanza con la Biennale Arte 2022, presenta una mostra collettiva che si configura come un dialogo tra alcuni degli artisti con cui negli anni ha condiviso un percorso importante e durevole. Invitati di eccezione waiwai research and design agency, rappresentato da Wael Al Awar, vincitori del Leone d’oro all’ultima Biennale di Architettura, che si inseriscono nel progetto curato da Elena Forin per la ricerca sulla questione ambientale e i nuovi materiali da costruzione. Lo sguardo sul paesaggio, il valore dell’esperienza, la generazione spontanea di forme, la sperimentazione di sistemi di misurazione dello spazio e dell’energia, le criticità nel rapporto tra sviluppo e tutela, la sostenibilità e la dimensione socio-politica del territorio e degli scambi sono alcuni dei temi affrontati dalle opere e dagli artisti coinvolti nel progetto. Diversi per linguaggio, ricerca e background, Hamish Fulton, Antoni Muntadas, Cesare Pietroiusti, David Rickard, Mariateresa Sartori e waiwai research and design agency, aprono un dialogo su questi snodi raccontando l’ambiente, le risorse naturali evidenti o nascoste, le costruzioni sociali ed economiche, riformulando il concetto di immaginazione e stimolando la capacità di guardare, sentire, pensare e costruire andando oltre la consuetudine. Ciascuna di queste voci della ricerca contemporanea infatti, individua energie e dinamiche radicate nello spazio e nelle sue tante dimensioni, restituendo attraverso il lavoro aspetti che spesso restano invisibili. Mariateresa Sartori si concentra sull’analisi di una forza immateriale come quella del vento e mette in discussione i concetti di vuoto e di nulla in due nuclei di opere esposte per la prima volta in questa occasione. David Rickard si sofferma sulla valenza territoriale e politica di un elemento come l’acqua e coinvolge il pubblico della galleria in un ragionamento che mette al centro il valore del tempo e quello della collaborazione. Antoni Muntadas rileva invece alcune delle parole che caratterizzano la dimensione sociale dello spazio, mostrando il rafforzamento di variabili legate al controllo e il progressivo dissolvimento di quelle derivanti dallo sviluppo del pensiero libero.
Nei territori dello scambio, della proprietà, del rapporto tra dono e debito e di quello tra dono e tempo si addentra Cesare Pietroiusti mettendo il pubblico nelle condizioni di sperimentare concretamente queste sfumature attraverso due cicli di opere create appositamente. Allo spazio come forza, come campo politico e sociale, come territorio economico e di mediazione si aggiunge anche quello inteso come paesaggio: l’esperienza dell’individuo nell’ambiente è infatti alla base della ricerca di Hamish Fulton, il cui grande wall painting restituisce parte di un percorso di 2838 km compiuto dall’artista dall’11 settembre al 13 novembre 2002. Walking into distance beyond immagination è la sintesi estrema di un percorso che ha toccato cinque stati e attraversato panorami sempre diversi: camminare oltre l’immaginazione sembra del resto l’atteggiamento condiviso da tutti gli artisti di (in)visible fields, ed è alla base della ricerca che ha portato waiwai research and design agency, con Wael Al Awar, a ricevere il premio più ambito alla 17 Biennale Architettura con Wetland. Il progetto si ispira alle sabkhah, un solido ecosistema di saline naturali presenti negli Emirati Arabi Uniti, la cui struttura cristallina è il punto di partenza per costruire un nuovo materiale cementizio utilizzando gli scarti della desalinizzazione. In questo modo, si cerca di renderla sostituibile il cemento Portland (la cui produzione è responsabile dell’8% delle emissioni mondiali di anidride carbonica). Insieme a un gruppo di scienziati di Abu Dhabi, Tokyo e Sharjah il progetto continua a crescere e a espandersi: lo sguardo trasversale sull’ambiente e sulle risorse sta portando alla creazione non tanto di un nuovo materiale quanto all’elaborazione di alternative reali ai sistemi e ai meccanismi conosciuti. Andando oltre l’immaginazione e avvertendo le vibrazioni dello spazio si possono raggiungere territori inaspettati, reali ma spesso invisibili. Un ringraziamento speciale al Padiglione Nazionale Emirati Arabi Uniti - La Biennale di Venezia.

Hamish Fulton (Londra, 1946) non può essere confinato a uno studio o a una città: come “artista camminatore”, il suo studio – e la sua “città” – sono i luoghi che attraversa durante le sue lunghe camminate, cuore pulsante delle sue opere.

Fulton si è rifiutato fin dagli anni ’60 di usare smartphone o GPS, denunciando il rischio che la tecnologia ci separi dalla natura:

 

«Finora non ho mai camminato con uno smartphone. Diciamo che se per i camminatori il Gps di uno smartphone è utile (anche per salvarsi la vita), dal mio punto di vista, con il suo uso, siamo «persi». Persi per convenienza, persi per l’imposizione delle corporation tecnologiche, persi perché crea una dipendenza, persi nel nostro rifiuto meccanicistico della natura «selvaggia». Per tutto il tempo che concentriamo le attività umane nei nostri smartphone, siamo contemporaneamente e diametralmente opposti alla natura, guardiamo nella direzione opposta. La natura è persa per noi, specialmente per i bambini.»
(da Il Giornale dell’Arte, n.392, 2018).

 

Etichettato come scultore, fotografo, artista concettuale e del paesaggio, Fulton si definisce semplicemente un "walking artist" e padre dell’Arte del Cammino, attivo dagli anni ’60 insieme a figure come Richard Long. Laureato al St Martin's College of Art di Londra, ha iniziato a camminare in performance sul campo, iniziando dal primo "artwalk" collettivo il 2 febbraio 1967.

 

Per lui, «Se non cammino, non posso fare un’opera d’arte»: ogni sua camminata – oltre 25 paesi in 50 anni – ha generato fotografie, disegni, pitture murali e testi, in cui racconta lo spirito del luogo percorso: «Il coinvolgimento fisico del camminare crea una ricettività al paesaggio… una camminata lungo una strada può trasformare il mondo quotidiano».

La sua arte è sempre nata dal gesto del camminare; per Fulton, «un oggetto non può competere con un’esperienza».

 

Ha esposto in tutto il mondo, in personali e collettive. Con la Galleria Michela Rizzo ha avuto una presenza stabile nel 2012 accostato a Richard Nonas; nel 2014 ha organizzato una camminata sul Monte Etna, sviluppata nella mostra personale Migrant Volcano al Palazzo Platamone di Catania; nel 2015 ha proposto la Repetitive Walk al Palazzo Ducale di Venezia, coinvolgendo 216 partecipanti.

Negli ultimi anni ha presentato: Salzweg. Hamish Fulton in Salzkammergut (2024) Bad Ischl (Austria, Capitale Europea della Cultura), mostra personale ispirata a sentieri alpini, con immagini testuali e installazioni ambientali; A Walking Artist (2023), personale al FRAC ProvenceAlpesCôte d’Azur a Marsiglia (2023), incentrata sulle relazioni tra spazio, cammino e memoria visiva del paesaggio; è attualmente mentore del progetto WALKING MOUNTAINS, curato da Andrea Lerda al Museo Nazionale della Montagna di Torino: un’iniziativa collaborativa che prevede passeggiate-performance e residenze dedicate alla riflessione sul rapporto tra cammino e ambiente.

 

Nel 2024 e 2025 ha continuato la sua pratica di walking artist con eventi site-specific: Walking the Alps, performance collettive in Valle d’Aosta (estate 2024), luoghi remoti raggiunti a piedi e documentati con fotografie, testi e testi multilingue appesi sui sentieri; Seasonal Crossings, alla Fondazione Galleria Rizzo (2025), dialogo tra testi, mappe di camminate e cronache personali, riflettendo sul tempo ciclico delle stagioni e i cambiamenti climatici.