Roma, 1955

La Galleria Michela Rizzo è lieta di presentare Tecnologie obsolete e processi di produzione semplici, la prima mostra personale dell’artista Cesare Pietroiusti, che inaugura sabato 5 ottobre alle ore 12:00.
Cesare Pietroiusti (Roma, 1955) si propone come un artista concettuale e performativo. Tuttavia, queste etichette risultano insufficienti a catturare la complessità della sua ricerca. Pietroiusti agisce in modo trans-disciplinare, contaminando la ricerca artistica con filosofia, politica, scienze naturali, giurisprudenza e sociologia. La sua opera si muove trasversalmente nel mondo delle arti visive, la sua produzione artistica è intesa come creazione di idee oltre che di oggetti. L'interesse per situazioni paradossali e apparentemente insignificanti si rivela cruciale: Pietroiusti mette in luce come questi aspetti, spesso trascurati, possano diventare motori di analisi e rappresentazione.
La mostra esplora lavori nuovi e storici, esemplificando tecniche semplici e obsolete, come l'uso della macchina da scrivere, delle diapositive o dei francobolli. L'intento è trasformare la galleria in un laboratorio, un luogo di produzione, dialogo e scambio con il pubblico.
I visitatori saranno accolti dall’opera Riproduzione di “La mia migliore pittura di sempre” (2024), un'immagine di cui, durante il percorso espositivo, si capirà la genesi.
La Parete di disegni (realizzati con il fuoco nel 2024) è un progetto che, pensato specificamente per il contesto della galleria, offre all’eventuale acquirente (pubblico o privato, museo o collezionista) della Parete la possibilità di (e l’impegno a) donare a ciascuno dei suoi ospiti (siano essi visitatori di una mostra o invitati a una cena) un disegno dell’artista. Con questo lavoro che, di fatto, vende la possibilità di donare, Pietroiusti gioca, ancora una volta, sul tavolo dell’economia, cercando di mettere in questione la rigidità e l’uniformità dei suoi meccanismi.
Di fronte alla parete, una serie di mappe concettuali diventano il luogo di nascita e di analisi delle opere stesse, proponendosi come progetti, didascalie, commenti, indicazioni bibliografiche relative ad altre opere ovvero, esse stesse, “disegni”.
In uno spazio di passaggio si può ascoltare NEWTON, il nuovo disco dell’artista prodotto da XING per Xong collection - artist records. Una raccolta di rumori causati da cadute accidentali di oggetti, registrati tra febbraio e aprile di quest’anno. NEWTON è un’opera sonora che vuole essere non solo un'esplorazione del rapporto tra l'ordinario e l'eccezionale, ma anche una riflessione sull’importanza del nostro rapporto, che è fatto di resistenza e soggezione, di utilizzo e fallimento, con la forza di gravità.
Un altro lavoro, “Pinocchio” nuovo con gomma, Trieste Zona A, 1954, 25 Lire rosa carminio sovrastampato I-VI (2022), consiste in una serie di piccoli manifesti che riproducono il francobollo dedicato dalle Poste Italiane a Pinocchio nel 1954. Un francobollo che, per una curiosa coincidenza di tempi, diventa testimonianza di un evento storico, quale il ritorno, avvenuto quasi dieci anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, di Trieste all’Italia. Questo lavoro di Pietroiusti attraversa una serie di questioni che vanno dal rapporto dell’artista con il padre (appassionato collezionista filatelico), dall’andamento del mercato collezionistico (dei francobolli o delle opere d’arte), dal rapporto fra integrità e frammentazione dell’oggetto da collezione, fino allo statuto di un “video-documento” presente in mostra che è proposto dall’artista nell’inusuale veste di “certificato” di autenticità dell’opera d’arte.
La mostra si conclude al piano rialzato con una Working Room, dove i visitatori possono osservare alcune opere realizzate da Pietroiusti a partire dai primi anni Ottanta, e ri- provare vecchie tecniche di produzione (come la copia di immagini proiettate da diapositiva) e cimentarsi nella creazione di nuovi lavori.
Tecnologie obsolete e processi di produzione semplici è un invito a riflettere sul ruolo dell’arte nella società contemporanea, sul valore del processo creativo e sull'importanza della partecipazione attiva del pubblico. Pietroiusti, attraverso la sua pratica, sfida il concetto stesso di arte, proponendo un’idea in cui la casualità e la condivisione, il pensiero divergente e il gioco diventano elementi fondamentali di un'esperienza artistica conoscitiva e trasformativa.
Cesare Pietroiusti (Roma, 1955) si laurea in Medicina nel 1979 con una tesi in Clinica Psichiatrica. I suoi studi gli saranno d’ispirazione per fondare, insieme a Sergio Lombardo, Anna Homberg e Domenico Nardone, la Rivista di Psicologia dell’Arte, il cui primo numero è pubblicato nel 1979. La Rivista nasce come organo di divulgazione scientifica del Centro Studi Jartrakor, galleria e spazio sperimentale nato a Roma nel 1977 intorno all’artista Sergio Lombardo, nonché della “Teoria eventualista”, fondamento teorico dell’attività del Centro. Qualche anno dopo Pietroiusti è parte del Gruppo di Piombino e, nel 1996, invitato alla XII Quadriennale di Roma, espande il suo invito dapprima ad artisti amici e collaboratori, per poi arrivare a includere nella mostra chiunque avesse voluto partecipare.
Tra il 1997 e il 2001 è uno dei coordinatori delle residenze d’artista “Oreste” a Paliano e Montescaglioso. A questo laboratorio in continuo divenire, che si sviluppa a più riprese nel corso degli anni, partecipano quasi 300 fra artisti e curatori. Nel 1999 il “Progetto Oreste” approda alla 48. Biennale di Venezia su invito di Harald Szeemann, partecipando a dAPERTutto con una serie di incontri, performance, discussioni, conferenze e incontri informali per un totale di circa 100 eventi ai quali parteciparono attivamente più di 500 persone. Nello stesso anno è vincitore del premio Alinovi. Nel 1997 è uno dei coordinatori del convegno “Come spiegare a mia madre che ciò che faccio serve a qualcosa?” tenutosi al Link Project di Bologna. È stato co-fondatore di Nomads & Residents (New York, 2000), membro del Comitato Scientifico e co-curatore del Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti di Como (2006-2011). Tra il 2009 e il 2016 ha insegnato presso l’MFA all’Art Institute di Boston- Lesley University. Dal 2004 è docente di “Laboratorio Arti Visive” allo IUAV di Venezia e, dal 2021, alla NABA di Roma.
Dal 2015 è co-fondatore e presidente della Fondazione Lac o Le Mon a San Cesario di Lecce.
Dal 1977 ha esposto da solo o con altri artisti, in spazi privati e pubblici, deputati e non, in Italia e all’estero. Negli ultimi anni il suo lavoro si è concentrato soprattutto sul tema dello scambio e sui paradossi che possono crearsi nelle pieghe dei sistemi e degli ordinamenti economici. A partire dal 2004 ha messo in atto diverse performance tra cui: trasformare irreversibilmente altrui banconote; distribuire gratuitamente decine di migliaia di disegni individualmente prodotti e firmati; vendere storie; ingerire banconote al termine di un’asta per poi restituirle al legittimo proprietario dopo l’evacuazione; aprire negozi in cui la merce in vendita sono banconote e la “valuta” con cui si possono acquistare è lo sguardo dell’acquirente; organizzare ristoranti in cui al termine del pasto, invece di pagare, si ricevono i soldi del prezzo del cibo scritto sul menu; allestire mostre in cui le opere sono in vendita non in cambio di denaro, ma delle idee o delle proposte dei visitatori.
Tra le sue mostre e progetti recenti ricordiamo: Materia paterna, The Gallery Apart, Roma (2025). Tecnologie obsolete e processi di produzione semplici, Galleria Michela Rizzo, Venezia (2024), Agenti patogeni e morfogenesi del disegno. Tremila opere in fieri, Spazio Murat, Bari (2024), Under the Spell of Duchamp, a cura di Eva Brioschi, Fondazione delle Nogare, Bolzano (2024). Infinita infanzia, a cura di Saverio Verini, Palazzo Collicola, Spoleto (2024). Mein letzter Wille / My Last Will, a cura di M+M, Kunstsamm. Chemnitz e Casino Luxembourg (2023-2024). Più che opere, storie, Museo d’Inverno, Siena (2023). La collezione impermanente #4, a cura di Sara Fumagalli, Fabrizia Previtali, Valentina Gervasoni, Gamec, Bergamo (2023). Relazioni (im)possibili. Il fil rouge da Piero Manzoni a oggi, a cura di Demis Martinelli e Rosalia Pasqualino di Marineo, Museo della Stampa, Soncino (CR) (2023). Liquidi. Ryts Monet e Cesare Pietroiusti, Galleria Michela Rizzo, Mestre (2022). Spazio territorio. Quattro artisti in dialogo con Vincenzo Agnetti, a cura di Giorgio Verzotti, Archivio Agnetti, Milano (2022). (in)visible fields. Space as energy, a cura di Elena Forin, Galleria Michela Rizzo, Venezia (2022). A Variable Number of Things, a cura Marie-Josè Sondejiker, West Den Haag, L’Aia, (2020-21). Money, Money, Money, a cura di Elena Forin, Galleria Michela Rizzo, Venezia (2021). Consegna all'artista una tua banconota, a cura di Francesca Guerisoli, Fondazione Pietro e Alberto Rossini, Briosco (Mi) (2020).
La sua retrospettiva Un certo numero di cose 1955-2019, a cura di Lorenzo Balbi, tenutasi al MAMbo di Bologna (2019-2020), è stata vincitrice della IV edizione dell’Italian Council.
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