#02 Brian Eno
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#LARTERESISTE
I Visionari
Brian Eno
“Control and surrender gave to kept in balance.
That’s what surfers do: take control of the situation, then be carried, then take control.”
L’arte di Brian Eno ci porta in questa direzione. Viviamo tempi di continue sollecitazioni, dove spesso siamo tenuti a mantenere alto lo stato di allerta e costante l’attenzione, con la conseguenza che non siamo più in grado di rallentare, fermarci e lasciarci andare.
Visitando una mostra di Eno trovi innanzitutto un divano e delle sedute. Un chiaro invito a non guardare le opere in velocità ma a soffermarsi e a fare in modo di entrare in un flusso. Un flusso di immagini che cambiano molto lentamente e un flusso di suoni.
Colori, patterns, sound: attraverso le sue installazioni Eno crea un ambiente coinvolgente, che induce a mollare gli ormeggi, ad abbandonarti e a permettere che questo accada.
Quello che invece difficilmente trovi sono didascalie o spiegazioni: perché non c’è nulla da capire o da illustrare, si tratta solo di vivere un’esperienza.
Il Montefiore Hospital di Hove, nel Galles è il primo ospedale al mondo che nel 2013 ha incorporato nell’edificio l’opera di Brian Eno, 77 Million Paintings, dopo che il chirurgo ortopedico Robert Turner, coinvolto nell’ideare l’edificio in costruzione, aveva osservato gli effetti di quel lavoro sulla suocera, in occasione della 44esima edizione del Brighton Festival. L’episodio è divertente: la signora generalmente molto attiva e logorroica – ‘Normally she runs around as though her hair is on fire’ – è rimasta seduta per più di due ore in completo silenzio nella sala dedicata a Eno, sotto lo sguardo esterrefatto del medico.
Il lavoro è ora esposto permanentemente in quella che viene denominata The Quiet Room for Montefiore, una stanza accessibile ai pazienti, ai visitatori e al personale ospedaliero, un posto dove rifugiarsi, dove fermarsi a riflettere o semplicemente rilassarsi e staccare la spina.

77 Milion Paintings
L’opera, probabilmente più famosa di Eno, è la versione da interni di quella ormai conosciutissima proiettata sulle vele dell’Opera House di Sidney, ed è composta da diversi schermi collegati ad un software che pescano casualmente immagini sempre diverse e che cambiano molto lentamente. Il titolo è dato dal numero di anni necessari allo spettatore per rivedere apparire sugli schermi la stessa immagine. È un esempio molto riuscito di quella che viene definita Generative Art, corrente di cui l’artista britannico è uno dei più importanti esponenti.
Fin dagli esordi Eno ha dimostrato molto più interesse per il processo che sta a monte piuttosto che per l’opera scaturita da essi. L’incontro, alla School of Art di Ipswich, con Roy Ascott, insegnante anticonvenzionale, radicale e più volte licenziato per i suoi metodi ‘innovativi’ , si rivela fondamentale per l’artista. Proprio in quegli anni infatti Eno comincerà a ragionare intorno all’idea che l’artista possa essere colui che inventa un sistema di dati e di semplici regole, da cui poi prendano avvio performance ogni volta uniche, differenti e con esiti indipendenti dal suo ideatore.

77 Million Paintings, Sidney, Opera House
Il reiterato tentativo di replicare l’intensa esperienza di luce e colore ottenuta sul muro di casa grazie a un proiettore acquistato dallo zio Douglas per altri scopi, associato all’idea di costruire un set di procedure, spingono Eno a continue sperimentazioni “it was one of the magical experiences in my life and I wanted to have that feeling again . All I’m ever trying to do is to make something magical. Something that makes me think: isn’t life amazing?’”
Ma in quegli anni manipolare la fonte luminosa era davvero poco fattibile.
La luce non si prestava infatti agli esperimenti che invece era possibile effettuare con il suono: “Negli anni 60 se volevi lavorare con la luce avevi disponibili solo medium molto rigidi. Lo strumento musicale è un dispositivo per modificare e creare il suono. Non esisteva un equivalente con la luce. – così racconta Eno in una bellissima conferenza all’ History Museum BiH di Sarajevo. Ho cominciato a pensare: come posso fare in modo che la luce cominci a funzionare come gli strumenti? Qualcosa che si possa manipolare… ho continuato a sperimentare ma ho trovato una risposta alla domanda solamente alla fine degli anni ’70″
Probabilmente questa è una delle ragioni per cui Eno che nasce come artista visivo si è dedicato in misura maggiore alla musica e la dimostrazione che le idee arrivano prima della tecnologia.

Ambient Paintings, Galleria Michela Rizzo, 2018
‘Perché il mondo sia interessante , occorre manipolarlo continuamente‘
Sarà una telecamera puntata sui cieli di NY, che non sta in piedi da sola e che scivola sul fianco restituendo immagini confuse e di traverso a far pensare a Eno di poter realizzare dei quadri in movimento che cambiano colore lentamente.
Era il 1978 e nascono le Mistaken Memories of a Medieval Manhattan, che Eno mostrò per la prima volta in una galleria di NY: “Quando guardi l’immagine televisiva al rovescio smetti di aspettarti quello che generalmente ti aspetti e cominci a vedere qualcosa di diverso.”
Si trattava di lunghi scatti continui sullo Skyline di Manhattan: nuvole alla deriva, pioggia, fumo, luci e ombre fugaci, uccelli e aerei.
Le Mistaken Memories dimostrano l’interesse di Eno per la creazione di immagini e suoni che catturino un ambiente fluttuante.
Subito successiva è Two Fifty Avenue un’ installazione video di Brian Eno composta da tre schermi capovolti, esposta nel 1980 alla Grand Central Station di NY e all’aeroporto La Guardia.
Gli schermi presentavano riprese video manipolate, sempre relative alla facciata dell’edificio di Manhattan che si vedeva dalla finestra dell’abitazione di Eno, in West 8th Street.
Sebbene condividessero gli stessi contenuti, le riprese video differivano per tecnica e qualità formale, alterando tonalità di colore luce tempi e composizione. A supportare gli elementi visivi, il sound Ambient Music for Airports, che come i video è stato costruito da una complessa manipolazione di una traccia, in questo caso, corale.
Mistaken Memories of a Medieval Manhattan 1978
”Attenzione. Questo è uno che va per un mondo suo passando un po’ dappertutto…”
È il messaggio del mio amico Alberto, profondo conoscitore del lavoro di Eno, che mi ha inviato sapendo che avrei tentato di scrivere questo breve testo. Io attenta ho provato a starci… spero di essere riuscita a delineare, almeno parzialmente, la connessione tra Eno artista visivo con il resto della sua straordinaria produzione artistica. Questa è stata comunque un’opportunità per prepararmi, dopo la mostra Ambient Paintings del 2018, presentata in galleria alla Giudecca, ad una seconda ambiziosa e molto attesa collaborazione con l’artista inglese, prevista per i primi di settembre 2020. Incrociando le dita, soprattutto confidando sulla riapertura delle frontiere e che i treni da Londra per Venezia partano regolarmente: dal 2019 Eno, molto impegnato nelle politiche che riguardano la salvaguardia dell’ambiente, non prende più aerei per gli spostamenti in Europa e, di conseguenza, il treno è diventato il suo mezzo privilegiato!
Ambient Paintings, Galleria Michela Rizzo, 2018