KATEŘINA ŠEDÁ

Brno, 1977



A cura di Andrea Lerda.

La pratica artistica di Kateřina Šedá, artista ceca nata a Brno nel 1977 e tra le più riconosciute a livello internazionale, può facilmente rientrare nell’ambito di quella che Fanni Fetzer ha definito come arte “terapeutica”. Le sue opere nascono da indagini sociali, intrecciano urbanistica, architettura, politica, dinamiche economiche, relazioni private e collettive. Si tratta di azioni pubbliche, disegnate, progettate e coordinate dall’artista stessa, che vedono come protagoniste le comunità e i luoghi all’interno delle quali prendono vita.

Kateřina Šedá si muove come una sorta di catalizzatore, come una regista all’interno dello spazio pubblico. Partendo da situazioni problematiche entra in dialogo diretto con le persone e, attraverso la costruzione di un complesso sistema di azioni e di esperienze partecipate, tenta di ricucire quelle fratture che il potere politico ed economico o che le dinamiche sociali hanno generato. L’artista dà vita a un palinsesto di azioni verticali e orizzontali con l’obiettivo di procedere in direzione di un superamento delle barriere fisiche e mentali che si celano dietro le complesse realtà prese di volta in volta in esame. La produzione di opere d’arte è solamente l’ultimo step di un percorso complesso che individua l’oggetto artistico come strumento terapeutico.

Il nucleo centrale di lavori storici, che hanno connotato la sua pratica artistica come una tra le più riconoscibili a livello interazionale, è composto dai progetti There Is Nothing There (2003); It Doesn’t Matter (2005); For Every Dog A Different Master (2007); Over and Over (2008); The Spirit of Uhyst (2009) e Mirror Hill (2010).

La mostra AS A UFO, a cura di Andrea Lerda, che la Galleria Michela Rizzo di Venezia presenta a partire dal 6 aprile 2018, anticipa la partecipazione di Kateřina Šedá alla prossima edizione della Biennale di Architettura di Venezia, occasione in cui l’artista sarà protagonista del Padiglione della Repubblica Ceca e Slovacca.
Il progetto, che costituisce il ritorno in Italia di una tra le più interessanti artiste contemporanee, intende presentare per la prima volta all’interno di uno spazio privato una panoramica ampia di No Light, progetto che l’artista porta avanti dal 2010, esposto alla TATE di Londra, al Mori Art Museum di Tokyo, al Nassauischer Kunstverein di Wiesbaden, al Kunstmuseum di Lucerna e al Künstlerhaus di Bremen.
La mostra è pensata come un percorso temporale in grado di raccontare alcune delle principali fasi di un progetto artistico tutt’ora in corso, presentando alcuni lavori inediti assieme a una nuova opera prodotta per l’occasione.

AS A UFO si pone in dialogo diretto con la prossima partecipazione alla Biennale di Architettura, anticipando una riflessione su tematiche di stretta attualità che le due direttrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara hanno racchiuso all’interno di un titolo evocativo e significativo come FREESPACE.

“As a ufo” è il modo in cui gli abitanti di Nošovice (piccolo paesino della Repubblica Ceca, nella Regione della Moravia-Slesia) definiscono la fabbrica della Hunday da quando, nel 2008, si è insediata in maniera brutale all’interno del tessuto urbano della cittadina.

La famosa multinazionale automobilistica è stata invitata ad insediare un grande stabilimento in un’area a destinazione agricola nel centro di questo luogo. L’intera vita di Nošovice è stata a quel punto sconvolta. La geografia del territorio è cambiata, la strada che attraversava la campagna e che permetteva di mettere in relazione alcune parti della cittadina è a partire da quel momento definitivametne scomparsa, bloccata da una cancellata invalicabile. Attorno alla nuova fabbrica si erige ora un muro fatto di terra che, se ufficialmente viene indicato come necessario per preservare il segreto industriale, a livello pratico ha ripercussioni enormi nelle relazioni personali e negli spostamenti fisici dell’intera comunità.

Quando nel 2008 Kateřina Šedá è giunta per la prima volta a Nošovice ha avuto la sensazione di assoluta impotenza. Cambiamento dell’assetto urbano, modificazione delle dinamiche che regolavano le relazioni tra le persone, rottura degli equilibri di un’intera comunità. All’interno di questo scenario, le parole che l’artista sentiva pronunciare più frequentemente da parte degli abitanti erano sempre le stesse: “Ora non c’è più niente che possiamo fare”.

Attraverso un percorso pluriennale che si è sviluppato in più fasi e che ha prodotto una grande quantità di opere (oggetti, fotografie, disegni, azioni live), Kateřina Šedá ha cercato di mettere in atto un processo di elaborazione comunitaria del problema. Grazie all’approccio partecipativo, tipico del suo modo di lavorare, No Light è da intendersi come un’esperienza che valica i confini artistici. Il suo fine è quello di elaborare il trauma intimo e collettivo causato dall’insediamento della fabbrica della Hunday, ma anche di individuare nuovi modelli di comunicazione e inedite modalità di abitare il limite

La scelta di presentare la mostra AS A UFO a un paio di mesi dall’apertura della prossima edizione della Biennale di Architettura di Venezia non avviene certamente in modo casuale. La ricerca artistica di Kateřina Šedá si pone in dialogo diretto con una contemporaneità, all’interno della quale sempre più di frequente si ricorre alle parole “barriera” e “limite”. Termini che evocano nella nostra mente scenari diametralmente opposti da quelli offerti dall’immagine di uno spazio libero.

All’interno di un mondo globalizzato e iper connesso, apparentemente privo di ostacoli al dialogo, non si può non rilevare la tendenza più o meno latente, in alcuni casi del tutto manifesta, a costruire barriere. Da quelle in cemento, impiegate per proteggere i centri urbani da imprevedibili attacchi terroristici, al famoso muro con il Messico annunciato e promesso dal Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump. Ma oltre a quelle fisiche, oggi si contano infinite barriere di tipo economico, culturale, sociale e religioso. Situazioni che rimangono irrisolte rispetto al passato o che si pongono come nuove configurazioni del limite.
Nel proporre una panoramica ampia sul progetto No Light di Kateřina Šedá, la mostra  AS A UFO intende mettere in evidenza come la pratica artistica di questa interessane artista sia estremamente attuale e in stretto dialogo con gli accadimenti del presente. Nel riflettere sul tema del limite AS A UFO è un invito al dialogo e al superamento delle barriere della contemporaneità.

Kateřina Šedá (Brno, 1977) è un'artista della Repubblica Ceca il cui lavoro è in stretta connessione con la branca sociale dell'architettura.

Dal 1999 al 2005 ha studiato all' Academy of Fine Arts di Praga con Vladimír Kokolia. É autrice di un ampio numero di progetti concepiti per la società e che realizza non sono in Repubblica Ceca ma in tutto il mondo. Le sue opere nascono da indagini sociali, intrecciano urbanistica, architettura, politica, dinamiche economiche, relazioni private e collettive. Si tratta di azioni pubbliche, disegnate, progettate e coordinate dall’artista stessa, che vedono come protagoniste le comunità e i luoghi all’interno delle quali prendono vita. Kateřina Šedá si muove come una sorta di catalizzatore, come una regista all’interno dello spazio pubblico. Partendo da situazioni problematiche entra in dialogo diretto con le persone e, attraverso la costruzione di un complesso sistema di azioni e di esperienze partecipate, tenta di ricucire quelle fratture che il potere politico ed economico o che le dinamiche sociali hanno generato. L’artista dà vita a un palinsesto di azioni verticali e orizzontali con l’obiettivo di procedere in direzione di un superamento delle barriere fisiche e mentali che si celano dietro le complesse realtà prese di volta in volta in esame. La produzione di opere d’arte è solamente l’ultimo step di un percorso complesso che individua l’oggetto artistico come strumento terapeutico. Il nucleo centrale di lavori storici, che hanno connotato la sua pratica artistica come una tra le più riconoscibili a livello internazionale, è composto dai progetti There Is Nothing There (2003); It Doesn’t Matter (2005); For Every Dog A Different Master (2007); Over and Over (2008); The Spirit of Uhyst (2009); Mirror Hill (2010) e No Light (2010). É stata invitata a realizzare solo projects da l'IHME, Helsinki (2016), il SF Moma, San Francisco (2013–2014), la Tate Modern, London (2011), e molti altri. Ha esposto al MOMA, Moscow(2016), alla Echigo-Tsumari Art Triennale 2015 in Giappone, alla Biennale di Venezia (2013), al Kunstmuseum Luzern (2012), al Mori Museum, Tokyo (2010), al New Museum, New York (2009), a Manifesta 7, Bolzano (2008), alla 5^ Biennale di Berlino (2008), alla Renaissance Society, Chicago (2008) e a Documenta 12, Kassel (2007), tra gli altri. Nel 2018 fa il suo ritorno in Italia con la mostra personale AS A UFO alla Galleria Michela Rizzo (Venezia) che anticipa la sua partecipazione alla 16. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia con il progetto UNES-CO* per il Padiglione della Repubblica ceca e Slovacca. Ha ricevuto numerosi premi per il suo lavoro, tra cui: Magnesia Litera for journalism (Czech Republic), TAKU Production Prize (Finland), The Most Beautiful Czech Books (Czech Republic), Contemporary Art Society Award (GreatBritain), Jindřich Chalupecký Award (Czech Republic), Fluxus Award (Germany), Essl Award (Austria).

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Comunicato Stampa UNES-CO