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La Spezia, 1938
9 luglio – 24 settembre 2022
Opening: 9 luglio, ore 19.00
La Galleria Michela Rizzo ha il piacere di presentare BELLO MONDO, una mostra collettiva che mette in dialogo opere di Ivan Barlafante, Ludovico Bomben, Marcela Cernadas e Federico de Leonardis.
In quest’ora della sera
da questo punto del mondo
Ringraziare desidero il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare ringraziare desidero
per l’amore, che ti fa vedere gli altri
come li vede la divinità
per il pane e il sale
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede
per l’arte dell’amicizia
per l’ultima giornata di Socrate
per il linguaggio, che può simulare la sapienza io ringraziare desidero
per il coraggio e la felicità degli altri
per la patria sentita nei gelsomini e per lo splendore del fuoco
che nessun umano può guardare senza uno stupore antico
e per il mare
che è il più vicino e il più dolce
fra tutti gli Dèi
ringraziare desidero
perché sono tornate le lucciole
e per noi
per quando siamo ardenti e leggeri
per quando siamo allegri e grati
per la bellezza delle parole
natura astratta di Dio
per la scrittura e la lettura
che ci fanno esplorare noi stessi e il mondo
per la quiete della casa
per i bambini che sono
nostre divinità domestiche
per l’anima, perché se scende dal suo gradino la terra muore
per il fatto di avere una sorella ringraziare desidero per tutti quelli
che sono piccoli, limpidi e liberi
per l’antica arte del teatro, quando ancora raduna i vivi e li nutre
per l’intelligenza d’amore
per il vino e il suo colore
per l’ozio con la sua attesa di niente
per la bellezza tanto antica e tanto nuova
io ringraziare desidero per le facce del mondo che sono varie e molte sono adorabili
per quando la notte
si dorme abbracciati
per quando siamo attenti e innamorati per l’attenzione
che è la preghiera spontanea dell’anima per tutte le biblioteche del mondo
per quello stare bene fra gli altri che leggono per i nostri maestri immensi
per chi nei secoli ha ragionato in noi
per il bene dell’amicizia
quando si dicono cose stupide e care
per tutti i baci d’amore
per l’amore che rende impavidi
per la contentezza, l’entusiasmo, l’ebbrezza per i morti nostri
che fanno della morte un luogo abitato.
Ringraziare desidero
perché su questa terra esiste la musica
per la mano destra e la mano sinistra
e il loro intimo accordo
per chi è indifferente alla notorietà
per i cani, per i gatti
esseri fraterni carichi di mistero
per i fiori
e la segreta vittoria che celebrano
per il silenzio e i suoi molti doni
per il silenzio che forse è la lezione più grande per il sole, nostro antenato.
Io ringraziare desidero
per Borges
per Whitman e Francesco d’Assisi
per Hopkins, per Herbert
perché scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
Ringraziare desidero
per i minuti che precedono il sonno,
per gli intimi doni che non enumero
per il sonno e la morte
quei due tesori occulti.
E infine ringraziare desidero
per la gran potenza d’antico amor
per l’amor che move il sole e l’altre stelle. E muove tutto in noi.
—
Bello Mondo di Mariangela Gualtieri è pubblicata in Le giovani parole (Einaudi, 2015). Poesia ispirata da Altra poesia dei doni di Jorge Luis Borges (L’altro, lo stesso. Adelphi, 2002), da lui medesimo emerge il suggerimento a continuarla e riscriverla. Una vera poesia antologica in cui i versi dell’autrice si intrecciano a quelli di autori come Jorge Luis Borges, Walt Whitman, Francesco d’Assisi, Gerard Manley Hopkins ed Zbigniew Herbert.
BREVI BIOGRAFIE
Ivan Barlafante (Giulianova, 1967). La sua ricerca indaga il rapporto tra dimensione naturale e spirituale. Trasformando la materia come un alchimista, porta l’osservatore verso un percorso di indagine e conoscenza, per la scoperta dell’essenza delle cose e della natura. Tra le principali mostre ricordiamo: Andromeda e Cassiopea, nell’ambito di Praga Capitale Europea della Cultura; VIII^ Biennale d’Arte del Cairo (2001); mostra personale In me, galleria Oredaria, Roma (2004); Flags presso la Serra dei Giardini, Venezia, evento collaterale alla Biennale (2015); Limiti-Confini, Grande Museo del Duomo di Milano a cura di Sabino Maria Frassà (2017); La bellezza dell’inutile, Musei Civici di Bassano del Grappa a cura di Chiara Casarin (2018); Tutta l’arte è imitazione della natura, Museo Orto Botanico Roma, a cura di Manuela Evangelista (2018); mostra personale Tremendo: il bello è solo l’inizio, spazio Gaggenau, Milano, a cura di Sabino Maria Frassà con la courtesy della Galleria Michela Rizzo (2018), Sassi, Spazio Thetis, Venezia, in collaborazione con Galleria Michela Rizzo (2021).
Ludovico Bomben (Pordenone 1982). La sua ricerca si concentra nello studio dei rapporti tra materiale, linguaggio, forma e concetto. Tra proporzioni auree e rigore formale tenta una rilettura e ridefinizione dell’immagine sacra nel contemporaneo, mescolando antiche tradizioni a materiali industriali di nuova generazione. Espone in varie sedi private e istituzionali tra cui: Talent Prize, Roma (2009); TINA B The Prague Contemporary Art Festival, Praga, a cura di Monika Burian (2010); 54. Biennale d’arte di Venezia, Arsenale (2011); CORRISPONDENZE D’ARTE, Museo Revoltella, Trieste, a cura di Lorenzo Michelli (2011); Bilico, Dolomiti Contemporanee, Passo, a cura di Gianluca D’Incà Levis (2012); 99.ma Collettiva Giovani Artisti, Fondazione Bevilacqua La Masa, Piazza San Marco, Venezia (2015), Premio Fabbri, Villa Brandolini, Pieve di Soligo, a cura di Carlo Sala (2013); Premio Cairo, Palazzo Reale, Milano (2017); BOMBEN/FILLIA RAGIONAMENTI SUL SACRO, Galleria Il Vicolo, Milano, a cura di Ambra Gaudenzi (2018).
Marcela Cernadas (Argentina, 1967). Nata il 31 dicembre 1967 nella città di Campana in Argentina, attualmente vive e lavora tra Spagna e Italia. Il suo lavoro che comprende fotografia, video, installazione, pittura, scultura, poesia e performance comporta la possibilità di confrontarsi con l’ineffabile in ogni occasione e presenta l’arte e la vita come una esistenza indivisible in continuo movimento. Le sue opere sono il frutto di un lavoro di cura e pazienza dove il gesto lento e misurato diventa pratica artistica, dove il tempo si dirada attraverso un’accezione metafisica. Tra le istituzioni più importanti nelle quali ha esposto si trovano il Centre Pompidou; il Museo Reina Sofía; il Matadero di Madrid; la Fondazione Joan Miró di Barcellona; il Frauenmuseum ( Museo delle Donne) di Bonn; il Galata Museo del Mare di Genova; il MACRO di Roma e la La Biennale di Venezia.
Federico De Leonardis (La Spezia, 1938). Le sue opere sono costruzioni spaziali che coinvolgono i materiali più disparati legati alla storia dei luoghi che le ospitano: nelle sue installazioni lavora sui resti di una memoria ancora viva, utilizzandoli come calchi di un passato indelebile. Le sue opere prediligono il vuoto, l’assenza nel senso letterale del termine: esistono per sottrazione. Distrugge anziché costruire, svuota anziché riempire, lasciando semplicemente alcune tracce, che scavano nel profondo di tutti noi memorie sepolte e finalmente riemerse. Principali mostre cui ha partecipato: Kunsthistorische (1979, Stuttgart); Arte e Architettura, Spazio Ansaldo (MI); Oggetti d’uso e d’incanto, Centro Domus (1991, MI); Libro d’Artista, Biblioteca Braidense (MI); La Casa di Alice (1993, PR); Allerart Bludenz (1998, Austria); Cantieri dell’Arte, ex Cantiere Binda (2004, MI); Polemos, Castello di Gavi (2006, AL); Fondazione Cini (2008, VE); Il Tempo e le opere, Museo della Grafica (2017, PI); Futuruins, Palazzo Fortuny (2018, VE); Biennale Le latitudini dell’Arte (2019, GE). Sue installazioni permanenti in collezioni private e spazi pubblici (Sesto S. Giovanni (MI), Milano, Peccioli (PI), Cecina (LI), Gibellina (TR).
Federico De Leonardis (La Spezia, 1938).
Vissuto a Lerici fino al termine del liceo, ha studiato ingegneria prima a Roma e poi a Genova e successivamente architettura a Firenze. Dal 1963 vive a Milano dove per una decina d’anni ha lavorato come urbanista, partecipando allo studio operativo di Piani di Sviluppo Industriale per la Cassa del Mezzogiorno e Piani turistici per varie regioni. E’ sposato e ha tre figli. Abbandonata la professione, dal 1973 si dedica esclusivamente all’arte. Dopo un periodo di volontaria clausura di studio, la prima mostra personale (ex S. Carpoforo a Milano,’78) inaugura la sua carriera d’artista, che lo vede partecipare nel tempo a numerose personali e collettive sia in Italia che all’estero. Facendo tesoro delle passate esperienze nel campo dell’architettura e dell’ingegneria, la sua ricerca mantiene vivo interesse per la spazialità, producendo lavori che trovano la loro espressione ideale soprattutto in grandi installazioni, sia in spazi privati di galleria che all’aperto in spazi pubblici. Le sue opere non possono definirsi sculture nel senso stretto della parola, ma costruzioni spaziali che coinvolgono i materiali più disparati legati alla storia dei luoghi spesso non deputati che le ospitano: nelle sue installazioni De Leonardis ama lavorare sui resti di una memoria ancora viva legata ad essi, utilizzandoli come calchi di un passato indelebile di cui narrano la storia.
Uno dei primi lavori realizzati da quest’artista (Ravatti) nasce a Lerici, sui luoghi della sua infanzia, ed è una memoria di quando da ragazzo raccoglieva sulla battigia oggetti abbandonati che il mare trasforma col suo incessante movimento fino a renderne irriconoscibile l’origine e la funzione. L’installazione, costituita da migliaia di resti “naturalizzati” da lui raccolti sulle rive di tutto il Mediterraneo, è stata presentata una prima volta a Stuttgart, in occasione del IX Kunstistorische festival (’79) e successivamente al Museo del Palazzo dei Diamanti, a Ferrara (nei primi anni 80). Ma l’interesse per la materia disfatta o consumata dall’uso, suscitatrice di memorie collettive (un esempio dei primi anni d’attività il suo Novemiliardidinomididio) è evidente in tutte le installazioni successive, in cui si evidenzia una pregnante attenzione al valore del vuoto, all’assenza piuttosto che alla presenza. In un mondo che denuncia in modo oggi lampante il suo horror vacui e che per fuggire la sua paura della morte riempie ossessivamente ogni spazio, inquinando ogni angolo visivo, De Leonardis si dimostra artista della tabula rasa, del passo indietro: in apparente contraddizione con le sue origini e i suoi studi, distrugge anziché costruire, svuota anziché riempire, lasciando semplicemente alcune tracce, che scavano però nel profondo di tutti noi memorie sepolte e finalmente riemerse. Definire concettuale questo “architetto dello spazio” è riduttivo: in lui la materia è prima di tutto il calco di un’energia impiegata da altri, fisica e psichica nel contempo, e non ha alcun valore formale in senso stretto: la forma a cui pervengono le sue opere è più per sottrazione che per aggiunta, “vuoti a perdere” (secondo l’espressione di Fausto Melotti), vuoti che, attraverso la materia che li connota, memoria di un qualche evento in cui sono stati coinvolti, costruiscono geometrie semplici ma rigorose, elementarizzando la tensione euclidea tipica dell’architettura.
Le sue Ossa di Shelley, bassorilievi in marmo e in pietra calcarea, sorta di charade, omaggi alla parola poetica “semi cancellata dal mare”, occasionate (’85) dall’epigrafe presente su casa Magni, l’ultima dimora del poeta a S. Terenzo, sono un esempio molto pregnante dell’importanza che l’artista attribuisce alla memoria. Ma l’attenzione a questa potente molla delle nostre azioni è presente in tutte le sue opere, comprese quelle apparentemente più concettuali, come il suo Autoritratto nello specchio convesso, raccolta di documenti ufficiali, testimonianze lampanti della violenza del tempo e delle istituzioni sociali sull’individuo.
Fare un elenco delle sue numerose “invenzioni”, nel senso originario della parola, è sterile: le opere di De Leonardis (i Musei, i Muri, le Carceri, le Compressioni ecc.) vanno viste direttamente. Come ha espresso chiaramente Luigi Grazioli in un racconto a lui dedicato, nei suoi lavori bisogna “attraversare uno spazio che ti attraversa” e le immagini fotografiche o digitali che li documentano, pur necessarie e indicative, sono del tutto insufficienti a esprimere il complesso messaggio che essi vogliono trasmettere. Comunque questo artista si dimostra attento anche agli aspetti grafici della documentazione sui propri lavori e sensibile alle valenze letterarie degli scritti propri e altrui di cui queste sono corredate.
Abbiamo di lui sia “libri d’artista” (Sonata in mi minore, D’après Beuys, Comunicato), sia opere a tiratura numerata (Album, Il Pendolo De Leonardis, Coni d’ombra, Firmanento nero, Curriculum, Chiarire, Didascalie e Trame di famiglia), sia veri e propri libri illustrati (Eclissi, In forma, Extempora). La questione dei rapporti dell’arte col mondo sociale ed economico fa parte dei suoi interessi di intellettuale. Infatti DL è autore di un blog dal titolo significativo (Fuori dai denti), i cui post sono occasionati da mostre o eventi che attirano la sua attenzione.
I suoi interessi per l’architettura vera e propria si sono espletati nella costruzione o nella ristrutturazione di pochi edifici e nella produzione di numerosi oggetti d’uso, che lui definisce di “antidesign” (lampade, tavoli, librerie, poltrone ecc.), presenti in collezioni private, esposti in mostre e pubblicati su riviste specializzate del settore.
Documentazioni su di lui, oltre che nel sito della GalleriaMichelaRizzo, possono essere reperite presso la Galleria Belvedere, la Galleria Cilena e la Galleria Continua, presso le quali egli ha lavorato.
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