DAVID RICKARD

Nuova Zelanda, 1975



20 aprile - 2 luglio 2022 Opening: 20 aprile, ore 17.00 - 22.00 La Galleria Michela Rizzo, in concomitanza con la Biennale Arte 2022, presenta una mostra collettiva che si configura come un dialogo tra alcuni degli artisti con cui negli anni ha condiviso un percorso importante e durevole. Invitati di eccezione waiwai research and design agency, rappresentato da Wael Al Awar, vincitori del Leone d’oro all’ultima Biennale di Architettura, che si inseriscono nel progetto curato da Elena Forin per la ricerca sulla questione ambientale e i nuovi materiali da costruzione. Lo sguardo sul paesaggio, il valore dell’esperienza, la generazione spontanea di forme, la sperimentazione di sistemi di misurazione dello spazio e dell’energia, le criticità nel rapporto tra sviluppo e tutela, la sostenibilità e la dimensione socio-politica del territorio e degli scambi sono alcuni dei temi affrontati dalle opere e dagli artisti coinvolti nel progetto. Diversi per linguaggio, ricerca e background, Hamish Fulton, Antoni Muntadas, Cesare Pietroiusti, David Rickard, Mariateresa Sartori e waiwai research and design agency, aprono un dialogo su questi snodi raccontando l’ambiente, le risorse naturali evidenti o nascoste, le costruzioni sociali ed economiche, riformulando il concetto di immaginazione e stimolando la capacità di guardare, sentire, pensare e costruire andando oltre la consuetudine. Ciascuna di queste voci della ricerca contemporanea infatti, individua energie e dinamiche radicate nello spazio e nelle sue tante dimensioni, restituendo attraverso il lavoro aspetti che spesso restano invisibili. Mariateresa Sartori si concentra sull’analisi di una forza immateriale come quella del vento e mette in discussione i concetti di vuoto e di nulla in due nuclei di opere esposte per la prima volta in questa occasione. David Rickard si sofferma sulla valenza territoriale e politica di un elemento come l’acqua e coinvolge il pubblico della galleria in un ragionamento che mette al centro il valore del tempo e quello della collaborazione. Antoni Muntadas rileva invece alcune delle parole che caratterizzano la dimensione sociale dello spazio, mostrando il rafforzamento di variabili legate al controllo e il progressivo dissolvimento di quelle derivanti dallo sviluppo del pensiero libero.
Nei territori dello scambio, della proprietà, del rapporto tra dono e debito e di quello tra dono e tempo si addentra Cesare Pietroiusti mettendo il pubblico nelle condizioni di sperimentare concretamente queste sfumature attraverso due cicli di opere create appositamente. Allo spazio come forza, come campo politico e sociale, come territorio economico e di mediazione si aggiunge anche quello inteso come paesaggio: l’esperienza dell’individuo nell’ambiente è infatti alla base della ricerca di Hamish Fulton, il cui grande wall painting restituisce parte di un percorso di 2838 km compiuto dall’artista dall’11 settembre al 13 novembre 2002. Walking into distance beyond immagination è la sintesi estrema di un percorso che ha toccato cinque stati e attraversato panorami sempre diversi: camminare oltre l’immaginazione sembra del resto l’atteggiamento condiviso da tutti gli artisti di (in)visible fields, ed è alla base della ricerca che ha portato waiwai research and design agency, con Wael Al Awar, a ricevere il premio più ambito alla 17 Biennale Architettura con Wetland. Il progetto si ispira alle sabkhah, un solido ecosistema di saline naturali presenti negli Emirati Arabi Uniti, la cui struttura cristallina è il punto di partenza per costruire un nuovo materiale cementizio utilizzando gli scarti della desalinizzazione. In questo modo, si cerca di renderla sostituibile il cemento Portland (la cui produzione è responsabile dell’8% delle emissioni mondiali di anidride carbonica). Insieme a un gruppo di scienziati di Abu Dhabi, Tokyo e Sharjah il progetto continua a crescere e a espandersi: lo sguardo trasversale sull’ambiente e sulle risorse sta portando alla creazione non tanto di un nuovo materiale quanto all’elaborazione di alternative reali ai sistemi e ai meccanismi conosciuti. Andando oltre l’immaginazione e avvertendo le vibrazioni dello spazio si possono raggiungere territori inaspettati, reali ma spesso invisibili. Un ringraziamento speciale al Padiglione Nazionale Emirati Arabi Uniti - La Biennale di Venezia.

David Rickard (Nuova Zelanda, 1975) è un artista Neozelandese che vive a Londra. I suoi precedenti studi in architettura hanno avuto un forte impatto sulla sua pratica artistica, includendo nei lavori lo studio e l’interesse per i materiali e la dimensione spaziale. Attraverso la ricerca e la sperimentazione, il lavoro di David Rickard cerca di capire qual’è l’attuale percezione del mondo fisico e quando essa sia lontana da ciò che chiamiamo realtà.

Le sue mostre più recenti sono: Echoes from the Sound Barrier, Ashburton Art Gallery, NZ (2019-20), ₡URR€₦₡¥, NOME, Berlino (2019), Futuruins, Palazzo Fortuny, Venezia, in collaborazione con Museo di Stato Hermitage, San Pietroburgo(2018); AND A 123, Castlefield Gallery, Manchester, UK (2017); Het Zalig Nietsdoen, Kranenburgh Museum, Bergen, Paesi Bassi, (2017); Not Really Really, The Frederic de Goldschmidt Collection, Bruxelles, Belgio (2016); O, CØPPERFIELD, London (2016); A Bag of Atoms, Balzer Projects, Basilea (2016); Open Forest, The Jerwood Space, London, UK (2016); Flags, Serra di Giardini, Venezia (2015); Alchemy, State of Change, NEST, The Hague (2014); All Vertical Lines Intersect, Galleria Michela Rizzo, Venezua (2013); Intersections, Weizmann Institute, Tel Aviv (2012); Round the Clock, 54th Biennale di Venezia (2011); Beyond Ourselves, The Royal Society of Science, Londra (2011).

Il lavoro di David Rickard è stato pubblicato in articoli ed interviste all'interno del New York Times, The Times, The Independent, Frame, Kunstbeeld, Drome and Flash Art among others.

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