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Bergamo, 1978
6 aprile – 26 maggio 2021
La Galleria Michela Rizzo ha piacere di presentare La diseducazione al reale, la prima mostra di Andrea Mastrovito nei propri spazi della Giudecca, curata da Alberto Fiz, con oltre trenta opere in gran parte realizzate per questa occasione.
Andrea Mastrovito torna a esporre in una galleria italiana dopo gli importanti traguardi raggiunti nell’ultimo triennio: la vittoria dell’Italian Council (2019) e la conseguente personale a Palazzo Fabroni – Museo del Contemporaneo di Pistoia (2020), la partecipazione alla XV Biennale di Lione con un solo show alla Fondation Bullukian (2019), e un imponente progetto alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2019). Questa nuova mostra alla Galleria Michela Rizzo di Venezia porta ancora una volta il disegno al centro dell’attenzione in modo innovativo, non come surrogato della pittura, ma come tecnica in grado di stravolgere il processo visivo.
Come viene percepita la realtà? Come si modifica la verità soggettiva? Chi sta raccontando cosa? Questi sono solo alcuni dei quesiti che emergono dall’indagine di Mastrovito. Attraverso una serie di rielaborazioni e interpretazioni, il disegno viene esplorato come copia, traccia, impronta, metamorfosi, negazione e assenza. La diseducazione al reale si pone come un rinnovato percorso d’indagine in un contesto che sintetizza le tradizionali modalità dell’artista con le sperimentazioni più recenti. Ne emerge, come spiega il curatore Alberto Fiz: “Una presa di coscienza rispetto a un reale che esce di senno e sfugge a ogni definizione, in una progressiva integrazione di elementi, solo in apparenza antitetici”.
Il concetto di diseducazione nasce da una riflessione sulla funzione dell’arte e, in questa circostanza, vengono utilizzati elementi iconici della sfera educativa e ludica secondo un progressivo ribaltamento.
“L’arte non deve rispondere alle logiche del politically correct, né tantomeno sottostare alle convenzioni sociali, etiche o politiche” afferma Andrea Mastrovito. Nel percorso di mostra la presenza di elementi della nostra infanzia e di oggetti legati alla formazione scolastica o pedagogica appaiono come un richiamo intenzionale e fuorviante. I righelli colorati, il frottage, le lavagne, la cattedra e i banchi, senza mai perdere del tutto il loro significato originario, si trasformano in materiali d’uso dove il disegno si impone per raccontare vicende mitologiche, fiabe paradossali o circostanze reali totalmente imprevedibili, caratterizzate da infiniti rimandi e interferenze semantiche.
Proprio attraverso il disegno si può studiare, reinterpretare e riscrivere il reale.
Con questa modalità, Mastrovito intende posizionare il disegno come linguaggio contrapposto alla scrittura, perché, come suggerito da Alighiero Boetti in Scrivere con la sinistra è disegnare, il disegno è una pratica che rappresenta l’origine e la fine della scrittura stessa, un concetto in totale sintonia con il mondo dei contrasti e delle iperboli, temi centrali della ricerca dell’artista, che emergono ancora una volta con insistenza nelle dicotomie vita/morte, luce/buio, bene/male.
All’interno degli ampi spazi della Galleria Michela Rizzo, il percorso è suddiviso per sezioni tematiche, con oltre trenta opere quasi tutte inedite. Ogni scelta è frutto di un processo che ripercorre le ossessioni dell’artista e le sue ricerche recenti in modo da offrire una panoramica esaustiva del suo lavoro, con una parte di produzione che esplora una tecnica assolutamente nuova in un’installazione centrale e complessa.
La mostra si compone di cinque sezioni:
– Ultime pagine: racchiude alcuni trompe-l’oeil che riproducono una selezione di ultime pagine di romanzi derivati (novelization è il genere in voga negli Stati Uniti) con una pratica che perpetua la copia sia scritta sia raffigurata.
– Storia di un fiore: è composta da quattro grandi frottage su carta, ricavati da complesse composizioni di monete mediante una tecnica ludica legata all’infanzia, con contenuti che riflettono intorno all’idea di bugia e di denaro attraverso la storia recente del continente europeo.
– Conversazioni: descrive una ricerca che caratterizza il lavoro di Mastrovito negli ultimi anni, in cui lo stream of consciousness prende forma attraverso accostamenti tra disegni a matita ed elementi materici.
– L’uomo che poteva fare miracoli: È una selezione di lightbox creati con righelli colorati che, partendo dal Mito della Caverna di Platone, ruotano attorno al concetto di percezione di un oggetto e, soprattutto, di un evento, a seconda del contesto.
– La diseducazione al reale: è la sezione più ricca e inedita, in cui l’artista riproduce un’intera classe scolastica attraverso una grande installazione ambientale che appare una perfetta metafora di quanto è accaduto durante la pandemia. I dodici banchi sul ripiano riportano disegni di allegorie delle dodici materie elementari e rievocano l’assenza di alunni e materiali scolastici, mentre i temi raffigurati sull’intarsio della cattedra e sull’incisione della lavagna rappresentano lo studio della Melancolia.
Andrea Mastrovito (Bergamo, 1978) vive e lavora a New York. Diplomatosi presso l'Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo nel 2001, nel 2007 ha vinto il New York Prize, assegnato dal Ministero degli Affari Esteri italiano; nel 2012 il Premio Moroso; nel 2016 il Premio Ermanno Casoli e nel 2019 l’Italian Council.
Le sue opere sono esposte nei maggiori musei nazionali e internazionali - il MART di Rovereto, il Pecci di Prato, il BPS22 di Charleroi, il MUDAC di Losanna, il MUDAM del Lussemburgo, il Queens Museum al Museum of Arts and Design di New York. Andrea Mastrovito è stato il primo artista a cui è stata dedicata una personale al Museo del Novecento di Milano (2011).
Tra le ultime personali museali si segnalano I am not legend, Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni (2020); Very Bad Things, Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma (2019); Le Monde est Une Invention sans Futur, Fondation Bullukian, Lione (2019); Symphonie eines Jahrhunderts, Kunsthalle Dominikanerkirche, Osnabruck (2018); N'importe où hors du monde (tre personali): Les amis du peuple, Centre pour l'art contemporain, Montelimar; Ration K, Chateau de Suze; The Unnamed Feeling, Chateau de Grignan, Francia (2015); At the end of the line, GAMeC, Bergamo (2014).
Nel 2017 ha esordito come regista cinematografico con il lungometraggio animato NYsferatu - Symphony of a Century, successivamente proiettato in diverse realtà museali, fondazioni e festival in tutto il mondo. La seconda esperienza come regista l’ha visto coinvolto nella realizzazione di I Am Not Legend, con cui ha vinto l’Italian Council nel 2019.
Negli ultimi anni ha realizzato una serie di interventi pubblici permanenti in Italia, Francia e Stati Uniti.
Ha tenuto conferenze pubbliche, tra le altre, all'Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo; Naba, Accademia di Brera, Museo Pecci e Fondazione Stelline a Milano; Museo Novecento a Firenze; Palazzo Forti a Verona; American Academy a Roma; Museum Nitsch a Napoli; Pavillon Blanc a Colomiers; Broward College a Fort Lauderdale; MontClair State University a Montclair; ISCP, Italian Academy at Columbia University ed NYU a New York.
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