FutuRuins. Il corpo e la pietra

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Francesco Jodice

Museo Fortuny, Venezia

dal 19 dicembre al 24 marzo 2019

L’estetica delle rovine è elemento cruciale nella storia della civiltà occidentale: simboleggia la presenza del passato, ma allo stesso tempo contiene in sé la potenzialità del frammento. La rovina, infatti, non è mai neutra: contesa tra natura e cultura, sospesa tra distruzione e ricostruzione, è immersa nel fluire del tempo e allo stesso tempo è tesa verso l’eternità. Essa viene dal passato, conferisce ricchezza di senso al presente, dona consapevolezza ai progetti futuri.

Cronologicamente la mostra cercherà di spaziare nei secoli per punti salienti, in modo da dare un’idea della complessità storica del concetto: dalle prime mitologie della distruzione, effetto dell’ira divina (la Torre di Babele, Sodoma e Gomorra…), fino al “terrorismo iconoclasta” di Palmira, includendo l’antico Egitto, l’antichità grecoromana, l’“instauratio Romae”, la “ruine du Louvre”, le distruzioni belliche del secolo scorso, le macerie delle Twin Towers.

Il crollo delle architetture evoca la decadenza della civiltà che le ha prodotte, così il parallelo edificio-corpo è l’elemento rivelatore che, se da un lato rimanda alla caducità della vita umana e alla corruzione dei corpi, dall’altro apre al concetto di ciclicità: all’alternarsi nella storia di crisi e rinascite.
Anche oggi la contemplazione delle rovine può essere fonte di una nuova consapevolezza per chi nei suoi confronti eserciti da una parte la memoria e dall’altra la progettualità.

Cicli attraversati

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Michael Höpfner

State Gallery of Lower Austria, Austria

Dal 19 Ottobre 2019 al 3 Maggio 2020

Nato nella Bassa Austria, Michael Höpfner ha viaggiato per decenni attraverso regioni remote del mondo come gli altipiani del Tibet, i corsi fluviali in Albania o attraverso le valli delle Alpi.
Cammina attraverso i paesaggi a piedi in settimane di marcia e li registra fotograficamente, in disegni e appunti di diario.
Höpfner vede i suoi cammini come una ricerca di una relazione umana con la natura e nelle opere racconta il silenzio, l’assenza delle parole e e la solitudine. Le sue sono esperienze esistenziali, sia fisiche che mentali, che affronta attraverso il tempo e lo spazio, il vuoto e la distanza.
Nella selezione presente alla Landesgalerie Niederösterreich, Höpfner cerca di catturare i cammini degli ultimi due decenni con nuovi lavori.
“Camminare, come faccio io, è sempre un’azione artistica di ribellione, protesta contro le ideologie e la società contemporanea. Andare per me è un’evasione dagli schemi esistenti. Come artista, non volevo andare in studio, ma cercare il rapporto perduto con la natura. Questa alienazione è sempre stata un impulso per me” sottolinea Höpfner.

Le monde est une invention sans future

il

Andrea Mastrovito

Fondazione Bullukian, Lione, Francia

Dal 18 settembre 2019 al 05 gennaio 2020

In occasione della mostra Le Monde Est Une Invention Sans Futur presso la Fondazione Bullukianevento ufficiale della Quindicesima Biennale di Lione, Mastrovito ha concepito un percorso che riassume i tratti della sua ricerca emersi in modo insistente nel corso degli ultimi anni, studiando un percorso site-specific proprio per questa sede.

Il titolo della mostra riprende la definizione con cui venne siglato il cinema dagli stessi inventori, i Fratelli Lumière, e ruota attorno a un pensiero sulla circolarità della vita, il moto perpetuo in cui la natura sviluppa la sua parte più distruttiva contrapponendola al ciclo vitale in cui si ricostruisce: da un lato l’oscurità, la pesantezza, la follia degenerativa; dall’altro un senso di levità, la luce, la rigenerazione. In mezzo, un grande giardino da attraversare. La contrapposizione tra la morte e la vita, ovvero tutto il processo che coinvolge costantemente la natura in ogni sua manifestazione, viene rimarcato nelle due distinte sezioni della mostra.

La mostra si suddivide nettamente in due sezioni: una più nera, in cui le opere rimandano ai temi principali della ricerca dell’artista attraverso lo spostamento di personaggi del passato, veri o di fantasia, in situazioni contemporanee.
La seconda parte, caratterizzata da colori più sgargianti, racconta come dallo scarto della nostra società – il libro fuori produzione, il righello come strumento anacronistico – possa nascere una nuova vita, grazie alla costante lotta per rigenerarsi che caratterizza la natura stessa.

La mostra parte quindi dalla parte più cupa e densa, per emergere piano piano verso quella rinascita spontanea e luminosa che caratterizza i cicli naturali e la storia del mondo.

Lirica del vuoto

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Pierpaolo Curti

Spazio Acra presso ASP-ITIS, Trieste

Dal 15 giugno al 8 settembre 2019

Per la prima volta vengono presentati a Trieste disegni e opere, alcune prodotte per l’occasione, di Pierpaolo Curti (Lodi, 1972) che, permettono di entrare a contatto con una ricerca particolarissima, incentrata sul tema del paesaggio.
Si tratta di un paesaggio estremo, rappresentato in modo oggettivo, con un distacco e una precisione da approccio fotografico, anche se si tratta solo ed esclusivamente di dipinti. Rocce, precipizi, il cielo vuoto che contorna il tutto. In questo paesaggio immobile, fra pareti scoscese e abissi, compaiono delle strutture costruite, quasi a suggerire che quei luoghi non sono del tutto disabitati, quantomeno perché vi sono stati eretti dei muri, si sono costruiti dei passaggi vertiginosi, si sono ancorati, alle pareti e agli orli degli abissi, scalini, piattaforme ed esili strutture per dispositivi ascensionali.
Sono paesaggi ritratti con algida esattezza, dove dominano ampie campiture monocro- matiche, che restituiscono un’atmosfera rarefatta e, dal punto di vista delle soluzioni formali, ai limiti dell’astrazione.

Con la collaborazione di: Galleria Michela Rizzo, Venezia

Il Corsaro Nero e la vendetta dei Gavi

il

Francesco Jodice

Forte del Gavi, Gavi (AL)

Dal 30 maggio al 7 settembre 2019

Il Corsaro Nero e la vendetta del Gavi nasce da un anno di ricerca di Francesco Jodice sul paesaggio, la storia culturale e sociale del Gavi. Jodice, artista e fotografo, le cui opere sono presenti in importanti collezioni museali internazionali e il cui lavoro è stato presentato in numerose Biennali, spinge la sua ricerca fotografica a uscire dalla pura rappresentazione e documentazione. Il risultato è un processo in cui le immagini e le storie evocate si articolano in forma dialogica, raccontando i luoghi, il loro passato e i loro elementi distintivi.

Per questa mostra Jodice ha fotografato le architetture, i paesaggi, i monumenti, le colline e le cantine, indagando gli aneddoti vernacolari e i personaggi che hanno segnato la storia del Gavi e di Novi Ligure. Nelle sue ricerche l’artista si è imbattuto nel lavoro di Angelo Francesco Lavagnino (Genova 1909 – Gavi 1987), un importante compositore classico, tra i padri della colonna sonora del cinema italiano, che ha scelto Gavi come sua terra d’elezione. Lavagnino lavorò tra la fine degli anni cinquanta e gli anni settanta a centinaia di colonne sonore originali, tra cui l’Otello di Orson Welles, oltre a moltissimi B-movies del cinema popolare italiano, quali Ercole contro i tiranni di Babilonia, Maciste contro il vampiro, Gungala, la vergine della giungla, e molti altri, senza mai lasciare Gavi: un Salgari del mondo della musica.

Le opere di Francesco Jodice – bassorilievi nati dall’inaspettata fusione tra le fotografie di paesaggio scattate dall’artista per questo progetto e i protagonisti delle locandine dei film musicati da Lavagnino – sono il risultato della sovrapposizione di due mondi: uno reale, l’altro fantastico. Nel loro insieme sembrano trasformare il Gavi nel set immaginario di un film popolato da cowboy, vampiri, pirati, figure mitologiche e donne seducenti. Jodice, attraverso un’operazione di collage pop e low-fi, trasfigura i castelli, le valli, le montagne e le cascate del Gavi in luoghi onirici e indimenticabili. Giocando con il kitsch mette in scena questi personaggi cult in luoghi “altri”, alterandone il contesto, per trasformare la fotografia in uno strumento contemporaneo di narrazione multidisciplinare. Il risultato sono nove fotografie-sculture di grande formato, collages tridimensionali nati dall’unione concettuale tra il paesaggio e figure di fantasia, ma sono anche una tappa del lungo processo di riflessione che Jodice conduce da anni sulla natura e il senso della storia delle immagini, delle influenze e delle osmosi tra l’oggetto-fotografia e la società in cui viene prodotta come dispositivo e apparato culturale.

Il titolo del progetto apre ironicamente alle immagini fantastiche protagoniste del cinema italiano del dopoguerra al cui successo contribuì grandemente il lavoro di Lavagnino. Il Corsaro Nero e la vendetta del Gavi si compone di una mostra fotografica creata per e con il Forte di Gavi Polo Museale del Piemonte, una performance musicale – nata dall’interesse di Jodice per le musiche di Lavagnino, che lo hanno portato ad attivare una collaborazione con il Conservatorio Niccolò Paganini di Genova e il Corpo musicale “Romualdo Marenco” di Novi Ligure composto da 45 elementi – e un’installazione presso l’azienda agricola La Raia, sede di Fondazione La Raia. La performance musicale si svolgerà il giorno dell’inaugurazione a La Raia riportando le musiche de Gli specialisti (1969, regia di Sergio Corbucci) e La morte viene dal pianeta Aytin (1967, regia di Antonio Margheriti) nel paesaggio del Gavi. La trascrizione delle partiture è stata curata dal Maestro Pietro Leveratto sotto la direzione del Conservatorio Niccolò Paganini di Genova.

Loom

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Marcela Cernadas

Ca’ Pisani Rubelli, Venezia

Dal 10 maggio al 10 ottobre 2019

Rubelli è lieta di presentare la mostra Loom di Marcela Cernadas appositamente concepita per Ca’ Pisani Rubelli in collaborazione con la Galleria Michela Rizzo. In mostra una serie di opere formanoun’installazione ambientale attraverso la quale l’artista propone l’idea del tessere come figuraindissolubilmente unita ai continenti dove essa si svolge.

Nella scelta del titolo Loom vi si trova la sintesi che caratterizza le opere di Marcela Cernadas. Una parola in grado di suggerire le intenzioni poetiche e formali della proposta che consiste da un lato nell’intrecciare leopere d’arte all’architettura e dall’altro nel celebrare i tessuti come elementi fondamentali del progetto. Intenzioni plasmate anche nella scelta grafica dove nell’intreccio dei caratteri si rende riconoscibile uno sconfinamento delle forme e un’azione a modo di continuum – quella del tessere – nel simbolo stilizzatodell’infinito.

Le opere esposte compongono un’installazione ambientale che attraversa con grande leggerezza gli spazi della facciata, l’archivio storico e lo showroom. L’installazione “senza inizio né fine” allude alla ciclicità:un’altra costante nel lavoro dell’artista. Ricami, collages e frottages in mostra sono realizzati con tessuti accuratamente selezionati dalla nuova collezione Rubelli, che in quest’occasione provano a dare confini formali a una “costellazione di petali”: ora giardino, ora cielo, ora ghirlanda, ora cartigli – con parole di Cernadas.

La collaborazione tra l’azienda tessile Rubelli, la Galleria Michela Rizzo e l’artista Marcela Cernadas risale al long-term project Peneolpe: sodalizio raccolto nel recente saggio pubblicato a Madrid * che ripercorre le performances presentate nel Giardino della Galleria nell’autunno del 2016 e nella precedente sede veneziana della Rubelli nella primavera del 2017. Due occasioni dove il lino bianco – uno dei colori prediletti dall’artista – aveva una centralità indiscussa. Ora dalla purezza dei bianchi si spazia verso la leggerezza dei blu, dei glicini e degli azzurri, recentemente comparsi nella ricerca dell’artista e associati alla sua posizione “sull’effimero”, enunciata nel suo manifesto Ephemeral Manifesto – visibile anche in mostra.

Dire il Tempo

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Roman Opalka, Maria Teresa Sartori

Fondazione Querini Stampalia, Venezia

Dal 7 maggio al 24 novembre 2019

Dal 7 maggio al 24 novembre, il secondo capitolo coinvolgerà le sale della Casa Museo della Fondazione Querini Stampalia, dove le opere di Roman Opałka e quelle di Mariateresa Sartori saranno in relazione tra loro e con quelle delle collezioni antiche dell’istituzione.

Dire il tempo nasce dalla volontà di approfondire la produzione di Roman Opałka attraverso una selezione di opere che segnano tappe fondamentali nella sua ricerca, molte delle quali mai presentate prima in Italia o mai esposte, provenienti da importanti collezioni private e pubbliche, tra cui il museo Muzeum Sztuki di Łódź e soprattutto il Fonds de Dotation Roman Opałka, con cui è nata una stretta collaborazione nell’ideazione del progetto.

Entrambe le mostre ruoteranno attorno a OPALKA 1965 / 1-∞, ricerca a cui l’artista ha dedicato gran parte della sua vita e di cui saranno esposti insieme, per la prima volta in assoluto, il primo e l’ultimo Détail su tela: il primo proveniente dalMuzeum Sztuki, Łódź prima volta in Italia, e l’ultimo, rimasto incompiuto, mai presentato al pubblico e proveniente dain Polonia, e visibile per la
una collezione privata.

Cuore della produzione dell’artista franco-polacco, OPALKA 1965 / 1-∞ sarà il fulcro del percorso espositivo che si snoderà tra Milano e Venezia coprendo l’intero arco della sua attività, dai primi lavori fino ai più recenti, facendo conoscere al grande pubblico anche aspetti meno noti della sua ricerca artistica, ma fondamentali per la sua formulazione concettuale e linguistica.

Alla Fondazione Querini Stampalia, accanto alle rappresentazioni sul tempo di Roman Opałka, sarà presentato un nucleo di opere di Mariateresa Sartori (Venezia, 1961), artista di un’altra generazione che, con Opałka, aveva intessuto una profonda amicizia. Disseminati lungo il percorso del museo, i disegni e le immagini fotografiche della Sartori rilevano le sottili e invisibili trame determinate dal nostro muoverci nello spazio e attraverso il tempo. Al centro del percorso l’imponente installazione Il tempo del suono. Onde: una parete completamente ricoperta di fogli di carta su cui l’artista, con il carboncino, ha tradotto in forma visiva il suono delle onde del mare in tempo reale. L’installazione entrerà in risonanza con la voce di Opałka mentre pronuncia in polacco i numeri che sta dipingendo.

Rivoluzioni

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Francesco Jodice

Fotografia Europea 2019 – Reggio Emilia

Dal 12 aprile al 9 giugno 2019

Il 17 Giugno 1989 Francis Fukuyama menziona per la prima volta l’espressione Fine della Storia per indicare il termine sopraggiunto degli eventi generati dagli uomini.
Secondo questa teoria tutti gli avvenimenti successivi a questo punto della storia sono ripetizioni circolari di eventi già avvenuti.
Il Futuro è finito.

Lo stesso giorno l’agenzia spaziale cinese lancia segretamente la sonda Kaiju 2.
Intento della missione: raggiungere il bordo di un buco nero, la soglia dove il tempo si ferma, la luce si spegne e tutta la materia collassa.
Scopo: vedere cosa c’è dall’altra parte.

Questo filmato è l’ultimo messaggio inviato dalla sonda Kaiju 2 due prima di scomparire all’interno del buco nero.